02 agosto 2012

RICORDANDO LA STRAGE DI BOLOGNA


Avevo neppure due anni quando a Bologna scoppiava la bomba, nella stazione brulicante di ignara umanità, persone con dei sogni, dei progetti, forse solo il desiderio di una vacanza a cui stavano andando incontro. Viaggiatori, lavoratori, studenti, madri, padri, figli. Persone innocenti. Vite.
Ho chiesto a mia madre, che undici anni prima era scampata per un pelo alla strage di Piazza Fontana, cosa avesse pensato quel fatidico 2 agosto del 1980, quando la notizia agghiacciante, era rimbalzata nelle case di ogni italiano seminando la paura, di nuovo. 
Aveva pensato questo, mia madre, testuali parole, "Ecco, anche qui hanno colpito". 
Nel suo cervello lineare aveva collegato i fatti. Per lei c'erano questi "cattivi" che rivendicavano qualcosa, e colpivano innocenti. I cattivi ancora oggi non sappiamo chi siano, gruppi neo-fascisti, israeliani, altri, forse.

Oggi però ricordiamo e speriamo in un futuro senza violenze. 
Sperare, certo. La speranza non serve a nulla senza una concreta volontà. 
Noi, uomini comuni, cittadini pigri, che spesso si lamentano senza neppure muovere un dito, perché "tanto cosa vuoi che cambi", noi contiamo davvero zero? 
Ma quanti siamo noi? Contiamoci. Siamo tanti. 
Non dico che si possa alzarci al mattino tutti insieme e andare a bloccare i fabbricanti di armi, i traffici illegali, i giochi di potere. Ok, no, non possiamo. Però, potremmo, magari, cercare di essere individui civili e ben disposti nel nostro quotidiano e con i nostri compagni di giornata. Potremmo evitare di incazzarci con il vicino per la prima mancanza che dimostra nei nostri confronti, perché proprio ci da fastidio quando parcheggia davanti al nostro passo carrabile. Potremmo evitare di sbuffare nell'orecchio del vecchietto che ci sta facendo perdere minuti preziosi alla cassa, perché non riesce a contare gli spiccioli, e paga preciso fino all'ultimo centesimo minuscolo e corroso di euro. Ma vi ricordate, a proposito, quando erano comparse quelle monetine ridicole grandi come i centesimi di adesso, e però erano belli lucidi di ferro, e valevano anche non poco. Scusate la digressione.

Torniamo a bomba, alle bombe e alle stragi sugli innocenti, questi atti meschini e codardi di individui che si mettono nella testa di farlo per una causa più grande - e ancora oggi si scava per scoprire la verità perché purtroppo solo in televisione i casi vengono sempre risolti da zelanti e geniali investigatori e sofisticatissimi metodi scientifici che non lasciano adito al benché minimo dubbio. 

C'era un tempo in cui le bombe, da noi, erano all'ordine del giorno, e parlo degli anni di piombo, il cui inizio e la cui fine, si fanno coincidere proprio con la strage di piazza Fontana, e quella della stazione di Bologna.
Ideologie, giochi di potere, interessi di politica estera, cause che all'uomo comune sfuggono, e però sfuggono portandosi via proprio le loro, di vite. 

Non può esistere e mai esisterà una causa più grande che possa giustificare la morte, la fine dell'esistenza, l'annullamento di anche solo una vita umana. 
Io non sono credente, quindi, per me, di vita ce n'è una e una soltanto. E con questa visione, giusta o sbagliata che sia, io vivo dando valore alla mia esistenza, ma soprattutto a quella altrui. 

La vita, i sogni, le speranze ed i ricordi. E' tutto il nostro patrimonio. Non c'è nulla di più alto, nulla che possa giustificarne il furto ad un altro essere umano, tanto più quando questi è  indifeso ed innocente.
Shakespeare scriveva: 

"Se uno mi ruba la borsa, ruba dei soldi; è qualcosa e non è nulla; erano miei, ora son suoi, come già furono di mille altri. Ma chi mi truffa il buon nome, mi porta via qualcosa che non arricchisce lui e fa di me un miserabile".

Aggiungo io, "chi mi ruba la vita, mi porta via qualcosa che è tutto. Non arricchisce lui, non arricchisce la causa, e fa di me un nulla".  

Vi ringrazio per l'attenzione.
Silvia



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